Combattere i pregiudizi e sostenere la famiglia nel percorso di cura dei DAN è importante!
Spesso nei confronti dei disturbi della nutrizione e alimentazione si nutrono ancora importanti
pregiudizi. Essendo prima di tutto dei disturbi mentali, esistono ancora molti stigma nei loro
confronti; stigma che li considerano banalmente un capriccio, o una caratteristica particolarmente
vanitosa e narcisistica della persona che ne soffre, o una conseguenza della distorsione
comunicativa dei messaggi della pubblicità e delle riviste di moda patinate…..e l’elenco potrebbe
continuare all’infinito. Invece, sono a tutti gli effetti dei disturbi che riflettono un grave disagio e una
profonda sofferenza insita nella persona che ne manifesta i sintomi.
Sono disturbi molto complessi poiché vanno a coinvolgere non solo l’aspetto mentale ma anche
quello fisico, producendo seri scompensi organici quando la malnutrizione si protrae per tanti anni
e in maniera seria. Poter descrivere in poche righe la complessità del mondo che attraversa la
singola persona che soffre di un disturbo della nutrizione e alimentazione è impossibile e
rischierebbe di minimizzare e banalizzare un quadro sintomatologico multifattoriale e difficile da
protocollare. Senza contare che spesso ci si dimentica di un altro aspetto che vive direttamente su
di se’ le conseguenze degli effetti devastanti della malattia: la famiglia.
Per tanti anni la famiglia è stata posta sotto accusa per essere considerata la causa principale e
primordiale della comparsa della patologia alimentare. Ad oggi le evidenze empiriche e i risultati di
numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la famiglia, diversamente da quanto pensato, non
ha colpa in merito e risulta essere, al contrario, una preziosa risorsa. Ma affinché questo possa
accadere, è necessario che l’intero nucleo familiare non venga abbandonato a se stesso ma
diventi parte integrante del percorso di cura. Se di fatto la famiglia non ha colpa nell’insorgenza
della malattia, può però essere un fattore di mantenimento della stessa. Questo accade perché,
inconsapevolmente, si continua ad alimentare quelle dinamiche che sostengono l’intera struttura
cognitiva ed emotiva del disturbo della nutrizione e dell’alimentazione. Inconsapevolmente vuol
dire che la famiglia non sa, non può conoscere quello che le sta accadendo anche perché è a sua
volta succube e fagocitata da tali dinamiche che alimentano ancora di più la sua grande paura e il
senso di impotenza che priva di ogni energia e motivazione.
Da una parte quindi c’è la persona che soffre di un disturbo della nutrizione e alimentazione e
dall’altra parte la famiglia che, inerme, ne assorbe gli effetti. In mezzo, c’è il disturbo stesso che
gode per avere in mano il pieno controllo dell’intero sistema. Nel tempo, si viene a creare come un
cordone ombelicale che tiene legati a se’ figli e genitori, creando una fusione talmente invischiante
che rende impossibile qualsiasi tentativo di indipendenza e autonomia. Diventa allora necessario
tagliare questo cordone, ma farlo, provoca dolore. E in effetti è così se tale taglio avviene senza gli
strumenti adeguati. E quali sono questi strumenti? Sono i pensieri, i giudizi, gli sguardi, le
descrizioni che i familiari hanno costruito nel tempo intorno al disturbo dell’alimentazione e
nutrizione che occorre andare a modificare perché è attraverso il modo in cui si osserva e si
descrive la malattia che si viene a sviluppare il comportamento che si assume di fronte ad essa.
Questo evidenzia come sia necessario intervenire aiutando, in maniera parallela, non solo
colui/colei che soffre, ma anche l’intero sistema familiare. Il disturbo è così abile da cucire nel
tempo uno specifico abito confezionato su misura per ogni individuo con cui si trova a contatto, un
abito che ben presto si trasforma in una sorta di camicia di forza da cui poi ci si trova impossibilitati
a liberarsene. È necessario che ogni membro del nucleo familiare sia messo nella condizione di
imparare a delineare quelle che sono le dinamiche della malattia per poter capire come questa
agisca e quindi cercare in qualche modo di non trovarsi completamente impreparati e senza
strumenti nel doverla affrontare.
La sintomatologia alimentare nasconde, trasfigura, mente, manipola, confonde, annienta,
annichilisce. Il genitore nutre dentro di se’ il desiderio di ritrovare la propria figlia o figlio che la
malattia sembra avergli portato via. È disposto a tutto perché questo avvenga. Ma non sa, se
nessuno lo aiuta, che è proprio nel momento in cui lascerà andare quel finto guscio protettivo, nel
momento in cui si riapproprierà di nuovo della sua persona, in contemporanea con il suo ruolo
genitoriale, che renderà ogni cosa nuovamente spontanea e autentica. E non ci sarà più bisogno di
chiedere cosa bisogna fare, dire, rispondere…perché tutto seguirà un flusso
naturale…innato…vero…che rappresenta il legame familiare… rappresenta l’essere genitore e
l’essere figli… uniti …ma allo stesso tempo distaccati…ed è qui che risiede il senso profondo
dell’autenticità…quell’autenticità che il disturbo della nutrizione e alimentazione tenta
costantemente di attaccare e distruggere. Francesca G.